La Biennale d’Arte di Venezia 2019 è un appuntamento immancabile per Sorelle su Marte e per chi si occupa di arte come me, ma anche per i meno avvezzi è una rassegna da visitare almeno una volta nella vita. Un intenso incontro con l’arte, riflesso di quello che viviamo e che si manifesta come una vera palestra per gli occhi.
È dal 1895 che la rassegna più antica rivolta alle arti contemporanee raccoglie ogni due anni artisti, visitatori, operatori del settore da tutto il mondo. “May You Live in Interesting Times” è il titolo e il tema che il curatore statunitense Ralph Rugoff ha dato alla 58. Esposizione Internazionale d’Arte visitabile fino al 24 novembre 2019. Il titolo della Biennale d’Arte di Venezia 2019 prende spunto da un detto cinese che evoca tempi minacciosi. Tradotto: “potresti vivere in tempi interessanti”, un invito a riflettere e considerare il corso degli eventi umani nella loro complessità.
In tempi di grandi cambiamenti è necessario essere attenti all’evoluzione del mondo e dell’arte. Sono 90 le rappresentazioni nazionali con i relativi padiglioni sparsi tra i Giardini, l’Arsenale e sedi inedite della città. La Mostra, invece, da cui prende il titolo la Biennale d’Arte di Venezia 2019, riunisce 79 artisti internazionali con la presenza di ben 42 quote rosa. Un percorso tra pittura, grandi installazioni, scultura, video, suono che si snoda tra il Padiglione Centrale dei Giardini e l’Arsenale, dove ad attendere e a smuovere le coscienze dei visitatori è stato messo a secco il grande barcone azzurro naufragato nel 2015 in cui morirono 700 migranti, ora intitolato “Barca Nostra” (opera dell’artista svizzero Christoph Büchel).
Biennale d’Arte di Venezia 2019: i Giardini
La scenografica installazione del Padiglione russo ruota intorno ad un famoso quadro di Rembrandt del 1668 “Il ritorno del figliol prodigo”, custodito presso il Museo Hermitage di San Pietroburgo (per la prima volta è un museo a curare il padiglione) e per l’occasione viene esposta la copia del dipinto. Il regista Alexander Sokurov ricrea uno studio d’artista nell’oscurità mentre l’artista teatrale Alexander Shishkin-Hokusai lavora con figure meccaniche che si muovono lentamente tra giochi di ombre e luci.
Il Padiglione tedesco, esteticamente minimalista, rivela una grande forza: “Ankersentrum”, “centri di ancoraggio” così viene chiamato dall’artista Natascha Süder Happelmann. La costruzione di un muro in cemento divide lo spazio a metà. Una ricerca di forme in continuo mutamento, resistenza e solidarietà: le rovine sono occupate, ricostruite, abitate. Un’installazione immersiva completata dalla presenza di suoni dove il visitatore contribuisce a generare uno spazio sonoro cangiante.
Il Padiglione francese già stupisce nella modalità di accesso: si entra dal retro. L’artista Laure Prouvost, con “Deep See Blue Sourrounding You”, immagina un universo liquido e tentacolare, una riflessione sulle nozioni di generosità e identità e su ciò che ci lega gli uni agli altri. Si cammina su un pavimento di resina, come un fondo marino, ma composto da rifiuti che ricordano nei colori e nelle forme i quadri surrealisti di Dalì. Qui sono intrappolati oggetti plasmati in vetro di Murano che tentano di venire a galla. Ipnotica l’opera filmica allestita in una sala, con sedute che ricordano forme zoomorfiche. Un viaggio iniziatico che parte dalla Francia e approda a Venezia, la città che galleggia. Da non perdere!
Nel Padiglione belga vanno in scena le marionette: al centro gli artigiani di una volta come il calzolaio, l’arrotino, lo scalpellino, tutti a grandezza naturale e automatizzati. Lateralmente un mondo parallelo popolato da teppisti, zombie, folli ed emarginati. Rappresentazione di un paese popolato da personaggi in stile horror, simbolo dello squallore umano. Il titolo è “Mondo Cane” e gli artisti Jos de Gruyter & Harald Thys si aggiudicano una menzione speciale come partecipazione nazionale.
Insolito il Padiglione d’Israele. Se si vuole vivere l’esperienza di una visita medica alla Asl con tanto di area di accoglienza e cura, allora questo è il luogo adatto. Il Field Hospital X dell’artista Ya Ben Ron simula una situazione reale come quella di prendere un numero di turno, sfogliare il libretto medico, guardare un programma televisivo, attendere di essere chiamati, entrare nell’area di cura e al termine ricevere il Bracciale di sostegno: ”Qui chiunque può vivere libero”. Un luogo dove voci tacitate possono essere sentite e ingiustizie sociali possono essere viste.
Biennale d’Arte di Venezia 2019: l’ Arsenale
Spostandosi all’Arsenale merita una visita il padiglione dell’Arabia Saudita. L’artista Zahrah Al-Ghamdi popola lo spazio con migliaia di conchiglie traforate in pelle e applicate a pareti retroilluminate, realizzate da donne saudite. “After illusion” è un’esplorazione del mondo immaginario creato dall’artista per trovare conforto nel viaggio verso l’autorealizzazione. Si possono toccare, ricercando quelle che suonano e sentire il rumore del mare. Molto suggestivo.
Da non perdere il Padiglione della Lituania, che con una performance si aggiudica il Leone d’Oro della Biennale d’Arte di Venezia. Un lembo di spiaggia, quella che ricreano gli artisti Rugilè Barzdziukaitè, Vaiva Grainylè, Lina Lapelyte, attrezzata con ombrelloni, teli, uomini e donne che prendono il sole, bambini che giocano con la sabbia. Gli spettatori possono guardarla da un ballatoio e i performer cantano problematiche quotidiane mentre la musica scandisce le azioni. Un’immagine sbiadita del presente.
Il padiglione Italia, ha un titolo promettente “Né altra Né questa”: La sfida al Labirinto, un’allusione all’opera di Italo Calvino. Un percorso espositivo privo di traiettorie prevedibili, un labirinto dove poter scegliere la propria strada che porta alla scoperta delle opere di Enrico David, Chiara Fumai e Liliana Moro. Quale traiettoria scegliere? Il visitatore è lasciato libero, il dubbio rimane alla vista delle opere che non sorprendono. Non sappiamo se sia stata una scelta giusta o sbagliata, comunque una scelta.
Biennale Arte di Venezia 2019: eventi collaterali da non perdere
A Palazzo Bembo, Palazzo Mora, Giardini della Marinessa va in scena un mini-biennale dal titolo Personal Structures-Identities organizzata dallo European Cultural Centre. Una vasta selezione di opere di artisti emergenti e di fama internazionale tra fotografie, installazioni, sculture, dipinti. Un caleidoscopio di colori e una riflessione sul tema del tempo, spazio, esistenza e concetto di identità. Immersiva l’installazione Plastic Coral Reef, una barriera corallina composta riciclando solo materiale di plastica dell’artista colombiano Federico Uribe, che punta l’attenzione sulla salvaguardia dell’ambiente. (Fino al 24/11/2019 www.europeanculturalcentre.eu )
Nella piccola chiesa di Santa Maria della Visitazione, alle Zattere, si può ammirare un lavoro iconico e teatrale dedicato alla figura dell’artista belga Lee Byars con l’aggiunta di un intervento sonoro a cura di Zad Moultaka. “The Death of James Lee Byars” è una struttura architettonica con al centro una tomba interamente rivestita di leggerissime foglie d’oro – materiale prediletto dall’artista – che si muovono al passaggio dell’aria. Molto scenografico! (Fino al 24/11/2019 www.vanharentsartcollection.com )
Sempre in una chiesa, ma questa volta sull’isola di San Giorgio, svetta sotto la cupola palladiana dell’Abbazia un totem alto dieci metri di strisce colorate orizzontali di Sean Scully, artista americano di origine irlandese. La mostra “Human” comprende anche una serie di dipinti e sculture dalle geometrie minimaliste. (Fino al 13/10/ 2019 www.abbaziasangiorgio.it).
Nell’isola di San Clemente l’artista portoghese Joana Vasconcelos interviene all’interno della chiesa omonima e negli splendidi giardini del Kempinksky Palace con le sue creazioni giganti. “Marylin” è una scarpa formato XXXXXL composta da tegami e coperchi luccicanti che spicca sul verde prato. Oggetti di uso quotidiano trasformati in opere d’arte dense di nuovi significati. Un ready made di oggi dal gusto pop. (Fino al 01/11/2019 www.kempinski.com; www.joanavasconcelos.com).
Tra gli astisti italiani presenti segnaliamo la mostra personale di Flavio Favelli ,“Il bello Inverso” nella splendida cornice di Ca’ Rezzonico Museo del Settecento Veneziano. Quindici opere inedite tra lightbox, specchi graffiati, mobili ricomposti, vassoi silver plated e totem rivestiti con immagini pubblicitarie di gelati e torte con panna di altri tempi. Un assemblaggio di forme e oggetti per ricostruire l’immaginario dell’artista e la sua nuova visione di bellezza. (Fino al 15 settembre 2019 www.carezzonicovisitmuve.it).
Per gli artisti storicizzati si consiglia una visita alla Fondazione Prada con la prima grande retrospettiva, a cura di Germano Celant, dedicata a Jannis Kounellis, dopo la sua scomparsa nel 2017. (Fino al 24/11/2019 www.fondazioneprada.org).
E alla Fondazione Cini, sull’Isola di San Giorgio, è presente un’antologica dedicata ad Alberto Burri, il “maestro della materia”, a cura di Bruno Corà. (Fino al 28/07/2019 www.cini.it).
Tra gli edifici storici veneziani che ci hanno stupito vi è sicuramente Palazzo Contarini Polignac, tra i più importanti edifici del primo Cinquecento a Venezia, che per l’occasione ospita la mostra del poliedrico artista Günther Förg, organizzata dal Dallas Museum of Art. Trenta opere in dialogo con quella che è stata dimora della mecenate Winnaretta Singer, principessa di Polignac e negli anni vivace salotto intellettuale frequentato da forti personalità come Igor Stravinsky. Un meraviglioso affaccio e giardino sul Canal Grande lo rende unico. (Fino al 23/08/2019 www.palazzocontarinipolignac.com).
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